“Lo scultore canadese Jean Benoit, fervido surrealista, mi invitò a trascorrere qualche giorno di vacanza in un paesino del sud della Francia, Saint Cyr la Popie. Di fronte alla sua casa c’era quella di André Breton, una costruzione in legno e pietra. Il mio amico su burlava della mia timidezza e decise di trascinarmi a casa del poeta. Fummo accolti dalla moglie la quale ci disse che non sapeva dove fosse André, ma non avrebbe tardato, potevamo aspettarlo mentre lei stava in cucina. Rimasi con Benoit, il quale, pregustando l’incontro imminente, sicuro che sarebbe stato “elettrico”, iniziò a scolarsi una bottiglia di vino. Io tremavo come una foglia. Vedere nell’intimità della sua casa il mitologico inventore del Surrealismo suscitava in me un’eccitazione nervosa, un misto di panico ed euforia. Dopo una decina di minuti venni colto dall’irresistibile stimolo di orinare. Benoit, perduto nei piaceri del vino, con un gesto confuso mi indicò la scala che portava al piano superiore. “Sulla sinistra”. Salivo le scale alla ricerca del bagno sentendomi un intruso, ma ero in preda a una grande curiosità. Arrivato al primo pianerottolo trovai sulla sinistra una portoncina di legno. L’urgenza dello stimolo mi spinse ad aprire la porta di colpo. E mi ritrovai di fronte al maestro, seduto sulla tazza, i pantaloni arrotolati fino alle caviglie, che stava defecando. Breton, con la faccia stravolta, paonazzo, lanciò un ululato tremendo come se lo stessero sgozzando. Un grido che dovette sentirsi non solo in tutta la casa ma anche nei dintorni, perchè diversi cani si misero a latrare. Richiusi la porta e mi precipitai giù per le scale per correre in stazione a prendere l’autobus diretto a Parigi. La scena era durata qualche secondo, eppure avevo commesso il sacrilegio di vedere cagare il sublime poeta. Mi avrebbe perdonato un giorno? Nel dubbio, decisi di emigrare in Messico.”
A. Jodorowsky, La danza della realtà